Psicologia per Famiglia

Psicologia per Famiglia

mercoledì 13 marzo 2019

Innamorarsi di un narcisista...e l'amore diventa un castigo




Narcisista..Quante volte abbiamo sentito questa parola…ma sappiamo realmente cosa significa? E soprattutto sappiamo riconoscere i narcisisti?
In  teoria i narcisisti sono persone dedite solo al culto di sé e della loro personalità. Persone talmente innamorate della propria immagine da considerarsi uniche e speciali, convinte di meritare attenzioni più di chiunque altro. In pratica si tratta di persone seducenti ma innamorate solo di se stesse e incapaci di relazionarsi con gli altri in modo positivo.
Ma attenzione, non si parla solo di immagine fisica, di bellezza, ma soprattutto di quella interiore, di come si considerano loro, di come valutino loro stessi prima di tutto il resto.  Nei rapporti sentimentali, il narcisista è egoista e tende a soddisfare le proprie necessità, senza curarsi della persona che ha accanto. Seducenti, molto seducenti..ma incapaci di amare. Quante donne hanno avuto una relazione con un uomo così? Molte, purtroppo. Sfuggire al fascino iniziale del narcisista è molto difficile. Spesso ci sono corteggiamenti  durante i quali le donne sono spinte a pensare di essere le uniche, di averlo fatto innamorare..il narcisista è bravissimo a corteggiare e a far credere di essere innamorato.
Una dose di narcisismo fisiologico è presente in ognuno e può essere sana, perché aiuta a relazionarsi con il mondo, avendo consapevolezza di sé e di chi lo circonda. Quando però raggiunge livelli eccessivi e allontana il soggetto dalla realtà diventa patologico, si parla di disturbo narcisistico della personalità, e colpisce sia gli uomini sia le donne. 
Il narcisista richiede attenzione continua e ammirazione e non si mette mai in discussione. Ha reazioni rabbiose dopo una critica  e può arrivare anche a comportamenti violenti. Non riesce a relazionarsi in modo sano perché manca di empatia e tende a sfruttare gli altri per i propri interessi. È dotato di un’alta capacità seduttiva, collegata all’ansia di piacere: per i maschi narcisisti questo porta al tentativo di affermare la propria identità attraverso la conquista, con fenomeni di dongiovannismo, mentre nelle donne narcisiste si accompagna a mire di affermazione personale, puntando a uomini di potere.
Nelle relazioni amorose con una persona narcisista funziona tutto bene finchè il narcisista si sente ammirato e amato, me nel momento in cui le sue sicurezze vacillano ciò che domina è la rabbia, e la non accettazione. Chiudere una storia con un narcisista può essere molto difficile, in quanto non accetta di non venire più ammirato e amato.
Tra le cause della personalità narcisistica ci sono traumi infantili, spesso per quanto riguarda l’attaccamento. Si tratta in genere di persone che non sono state amate o che sono state amate in modo non positivo.
Ma perché alcune persone sono così attratte dai narcisisti? Ci sono persone che collezionano storie con narcisisti, ricadendo sempre nella loro “trappola”.  Quando si è alle prese con un uomo narcisista, l’amore diventa un castigo. Innamorarsi di un narcisista può portare inutili e prolungate sofferenze che trasformano l’amore in una relazione non funzionale.  Breve o lunga che sia stata la relazione, tutti si chiedono come hanno fatto a lasciarsi incantare dai loro modi, cosa li ha resi così vulnerabili al fascino di un cuore freddo, manipolatorio, bugiardo e spesso imbroglione. Innamorarsi della persona sbagliata è un ” incidente di percorso” che può capitare, ma se si resta intrappolati per tanto in un rapporto malato o si è attratti solo da individui inaffidabili ed egoisti non si può parlare di sfortuna, occorre ricercare le motivazioni insite nella nostra personalità per imparare poi a scegliere in maniera più saggia.
La scelta di un partner narciso (emotivamente arido, incapace di amare ma capace di presentarsi in un modo attraente) può rivelare da parte della persona che lo sceglie il bisogno di compensare un vissuto di inadeguatezza personale e sociale. La storia con il narcisista può rappresentare il tentativo di “curare” una bassa autostima, riuscendo nella difficile impresa di far innamorare un una persona brillante e irraggiungibile.
Le persone che si innamorano di un narcisista in genere hanno alcune credenze sbagliate che guidano le loro scelte. Intanto non si amano abbastanza.  La mancanza di autostima può spingere verso la persona sbagliata perché rende bisognoso/a e dipendente, fa credere che si ha bisogno di qualcuno per stare bene. Inoltre pensano di poter cambiare una persona: niente di più sbagliato con i narcisisti, cambiano solo se vogliono loro e se ritengono che sia qualcosa che gli conviene. Spesso inoltre pensano che il problema sia proprio.  Molte persone vivono con la convinzione di essere la causa che portano alle relazioni distruttive, di essere sbagliate. Invece stanno semplicemente con la persona sbagliata. Infine, il pensiero di aver trovato il vero amore, l’amore che le fa sentire desiderabili, uniche e preziose. All’inizio i narcisisti sembrano promettere al partner un amore da romanzo, travolgente e passionale. Non è infrequente che nei primi momenti i narcisisti facciano delle promesse impegnative, si dichiarino innamorati o addirittura, parlino di un futuro insieme. 
Per uscire il primo passo (che non è semplice) è ammettere con se stessi che in quel rapporto si sta male.
Spesso la persona coinvolta attiva dei meccanismi di difesa per soffrire meno, quindi tende a giustificare le mancanze di rispetto del partner. E’ importante è iniziare a guardare la situazione in n modo obiettivo e lavorare per ridurre la propria dipendenza dal partner da tutti i punti di vista investendo sulla propria crescita personale e coltivando amicizie, interessi, il lavoro. È importante rivolgersi a una persona che possa aiutare a riconoscere i segnali di un amore patologico.

mercoledì 6 marzo 2019

L'ansia sociale



La paura di parlare davanti a un gruppo di persone, la paura delle situazioni che presuppongono contatti con altri, il timore di ricevere giudizi negativi e di fare figuracce, di essere goffi o imbarazzanti…sono tutti timori che rivelano una fobia sociale denominata anche ansia sociale: un disturbo che può portare chi ne soffre a evitare la maggior parte delle situazioni sociali.
È uno dei disturbi per i quali ci si rivolge più frequentemente allo psicologo, ed è un disturbo diffuso tra la popolazione, la percentuale va dal 3% al 13%, ed è più diffuso tra le donne.
Solitamente le situazioni più temute sono quelle che implicano la necessità di dover fare qualcosa davanti ad altre persone, di esporsi, come ad esempio esporre una relazione o anche solo firmare, telefonare o mangiare; a volte può creare semplicemente entrare in una sala dove ci sono persone già sedute, oppure parlare con un proprio amico o un conoscente. O in misura anche maggior se si tratta di una persona che non si conosce.
Le persone che soffrono di fobia sociale temono di apparire ansiose e di mostrarne i “segni”, cioè temono di diventare rosse in volto, di tremare, di balbettare, di sudare, di risultare goffi e imbarazzanti, oppure di rimanere in silenzio senza riuscire a parlare.
Questa difficoltà se non affrontata e gestita, tende a rimanere stabile, e può dare luogo ad altri disturbi come la depressione: la persona sente di avere questa difficoltà, la riconosce e riconosce anche che non riesce a superarla e quindi spesso la propria autostima ne è compromessa, la persona cerca di isolarsi quanto possibile e lo stato che prevale è quello di un tono dell’umore depresso.
Tale disturbo sembra esordire normalmente in età adolescenziale o nella prima età adulta.
Si distinguono due tipi di ansia sociale:
·         semplice, quando si ha solo in una o poche tipologie di situazioni (per esempio ci sentiamo incapaci di parlare in pubblico, ma non in altre situazioni sociali tipo feste o incontri con gli amici);
·         generalizzata, quando invece la persona teme tutte le situazioni sociali.
Un’altra caratteristica tipica è una ansia che precede le situazioni temute. Per questo già prima di affrontare una situazione le persone cominciano a preoccuparsi per tale evento.
Il percorso psicologico in queste situazioni punta da un lato a modificare i pensieri disfunzionali, dall’altro a offrire migliori capacità nell’affrontare le situazioni temute, attività che prevedono sia tecniche come i training di rilassamento, la respirazione, per la gestione del momento ansioso, sia tecniche per la gestione dell’interazione verbale.

lunedì 4 marzo 2019

La balbuzie nei bambini




La balbuzie nei bambini è un fenomeno piuttosto diffuso tra i 2 e 5 anni. Certe volte parlando con i genitori si scopre che le famiglie sono spesso molto allarmate e che la balbuzie del figlio è una fonte di ansia.
Le ricerche suggeriscono che circa il 5% dei bambini incorre in uno o più momenti in cui affronta un periodo di balbuzie, ma nella maggior parte dei casi essa scompare naturalmente entro i 6 anni. In alcuni casi invece non scompare in maniera naturale ma ci sono strategie per superarla.
Le cause non sono ancora chiare, ma, sembrerebbero da rintracciare nel controllo motorio della produzione del linguaggio, che nei bambini è ancora in fase di sviluppo.
In alcuni casi la balbuzie sembra avere una ragione da cercare nello sviluppo: nel loro sviluppo i bambini di solito attraversano alcune fasi, nelle quali ci sono scatti importanti di crescita, sia fisica ma soprattutto legata agli apprendimenti. Certe volte i loro pensieri sono così veloci che i bambini non riescono a tradurli velocemente in linguaggio per cui scatta la ripetizione di una parte della parola.
In realtà, la balbuzie è un fenomeno molto soggettivo, le sue manifestazioni cambiano da bambino a bambino e possono essere sia udibili sia silenti. Quelle udibili sono le classiche ripetizioni di parti della parola, quelle silenti comprendono esitazioni, pause e arresti nel linguaggio prima del discorso.
Può anche capitare che un bambino, già consapevole delle proprie difficoltà, rinunci ad utilizzare alcune parole o le sostituisca in modo non appropriato. Questo si ha in genere nei bambini più grandi, nel momento in cui si rendono conto di questa difficoltà e se ne vergognano.
E la classica domanda del genitore di un bambino che balbetta, ovviamente, è come ci si deve comportare. Si deve fare finta di niente aspettando che si risolva da sola? Si deve sottolineare il problema quando compare? Ignorare o sottovalutare la balbuzie non aiuterà a risolverla. Allo stesso modo, è bene evitare ansie o allarmismi che si trasmettono sul bambino. Durante il dialogo, è importante rispettare i turni di conversazione e mantenere il contatto visivo, guardando il bambino negli occhi e prestando attenzione a cosa dice, non a come lo dice. Utile inoltre è mostrarsi interessati e fare domande, lasciando tutto il tempo necessario per rispondere, e soprattutto evitando di completare per lui frasi o parole. Allo stesso tempo, però, è importante non fare sentire il bambino problematico. Riservargli un trattamento speciale o esonerarlo da alcune interazione verbali, potrebbe confermargli le sue difficoltà  aumentando ancora di più la frustrazione.
Al contrario è importante mettere in evidenza i risultati positivi e rassicurarlo sulla possibilità di superare questa fatica per rafforzare la fiducia in se stesso e promuovere la sua autostima.
In certe situazioni la balbuzie è accompagnata da un disturbo d’ansia, o come causa, ma anche come stato d’animo che la accompagna, insieme alla frustrazione. Utile in questi casi analizzare e affrontare questa ansia per gestirla al meglio, con l’aiuto di uno psicologo che potrà suggerire le tecniche più appropriate.

La dipendenza da Internet




Quanto spesso sentiamo parlare di dipendenza da sostanze..tante. Oggi accanto alle più diffuse tipologie di dipendenza ce ne è un’altra, che è molto comune tra persone di tutte le età: la dipendenza da Internet.
La dipendenza da Internet non è un disturbo psichiatrico, ma un sintomo psicologico che può connettersi a differenti quadri diagnostici e clinici. Si può parlare di dipendenza quando la maggior parte del tempo e delle energie vengono impiegati online, creando in tal modo disagi e disfunzioni nelle principali e fondamentali aree esistenziali, come quella personale, relazionale, scolastica, familiare, affettiva.
Lo sviluppo di Internet ha cambiato profondamente ogni dimensione della vita pubblica e privata. Quasi in tutte le famiglie oggi c’è un computer o la rete Internet, che vengono utilizzati da tutti i componenti, dai bambini agli adolescenti agli adulti. I bambini per lo più si interessano dei giochi, e anche gli adolescenti che tuttavia trascorrono il loro tempo di connessione anche nelle chat e nei social. Quasi tutti i componenti hanno anche uno smartphone che permette loro di rimanere connessi in qualunque luogo.
Prima dell’avvento del web il gioco d’azzardo era divertimento, emozioni forti, parentesi nella quotidianità. In passato era molto più facile da praticare in tempi limitati e luoghi definiti, e anche se le dipendenze c’erano lo stesso, erano meno difficili da gestire. Perchè c’era uno spostamento fisico da fare, alcuni orari da seguire; invece grazie agli smartphone ora la rete è accessibile in ogni luogo.
La letteratura individua cinque tipologie di dipendenza da Internet:
§ coloro che hanno la tendenza a instaurare relazioni amicali e amorose sul Web. Questo causa l’idealizzazione delle persone ed una progressiva perdita del contatto con la realtà per abbandonarsi ad una dimensione amorosa o amicale virtuale. Sono spesso utilizzati siti di incontri
§ coloro che mettono in atto comportamenti compulsivi tramite Internet, ad esempio il gioco d’azzardo, il commercio online e la partecipazione alle aste online, i quali portano spesso a gravi problemi finanziari
§ coloro che si dedicano alla ricerca compulsiva di informazioni on-line
§ coloro che si dedicano all’uso compulsivo di siti pornografici o al sesso virtuale
§ coloro che utilizzano il computer per giochi virtuali
Sempre più spesso le dipendenze vengono portate in terapia, spesso si tratta del problema principale per il quale le persone si rivolgono allo psicologo, per se stessi o per un familiare. Per la riuscita del percorso, è importante sottolineare quanto sia fondamentale la motivazione per cui la persona, sia convinta in maniera autonoma sia spinta da altri, deve essere decisa a superare la sua dipendenza. Il primo passo del percorso di supporto terapeutico con lo psicologo prevede una valutazione dell’uso di Internet e un lavoro sulla sua ristrutturazione cognitiva in modo da affrontare e gestire i pensieri disadattivi che fungono da trigger e avviano comportamenti compulsivi su Internet. L’ultima fase del percorso psicoterapeutico consiste nell’identificare eventuali fattori concomitanti associati allo sviluppo della dipendenza tipo problemi personali, situazionali, sociali, psichiatrici, o professionali per affrontare e supportare anche questi.
Spesso, i dipendenti da internet suppongono che una semplice pausa del comportamento è sufficiente per dire: “Sono guarito.” Ma è necessario fare molto di più per superarla per cui è importante che lo psicologo chiarisca questo tema indagando i problemi che hanno portato al comportamento compulsivo per risolverli ed evitare le ricadute.


mercoledì 27 febbraio 2019

Vivere nelle famiglie allargate



Le famiglie allargate: quali sono

Quante volte si parla di famiglie allargate..ma che significa? Il significato di queste parole è cambiato nel tempo: una volta si definivano famiglie allargate i nuclei così come erano solitamente organizzati, ovvero una coppia con figli che viveva in abitazioni con genitori, zii, fratelli e cugini. Oggi invece l’accezione di questo termine è cambiata: si intende famiglia allargata una famiglia dove c’è una coppia che si separa e successivamente i partner si ricostituiscono con altre persone facendo altri figli, che spesso si trovano a interagire insieme e a condividere una parte della vita o della quotidianità. Ne risulta che ci sono spesso bimbi che vivono almeno una parte della settimana con un genitore e il nuovo partner e gli eventuali figli che sono propri della nuova coppia. Si creano quindi nuovi legami, non solo biologici ma anche affettivi.

I cambiamenti e i vissuti emotivi

Quando una coppia si scioglie, vengono meno tante abitudini, spesso vengono modificati i punti di riferimento e i membri vivono non solo la separazione ma anche i cambiamenti di un contesto che fino a quel momento erano punti di riferimento. I nuovi equilibri, i nuovi legami affettivi spesso portano con sé diverse problematiche prima tra tutte quella di doversi adattare a persone, fino a poco tempo prima, sconosciute. Questo viene vissuto in modi diversi. In certi casi specialmente all’inizio l’adattamento è difficile, ci sono spesso situazioni in cui non è facile adattarsi a persone, ambienti, orari e routine nuove, anche perchè spesso nei primi momenti di una separazione, sia per i partner, ma anche per i figli, ci sono vissuti carichi emotivamente. In certe occasioni le separazioni vengono vissute come positive, nel momento in cui la crisi nella coppia era grossa, duratura e fonte di sofferenze. Per cui in alcuni casi vengono vissute come la soluzione di maggiore serenità. Ma purtroppo spesso non è così, o almeno non lo è per almeno un partner, quello che la subisce, se non è consensuale. Dunque in queste situazioni, oltre al doversi adattare emotivamente a questa scelta, è anche più difficile doversi adattare anche fisicamente a nuove abitazioni, nuovi ritmi, e nuovi familiari.

La separazione vissuta dai figli
Spesso quando una coppia si lascia, in molti casi con difficoltà, i figli tendono ad avere una certa diffidenza nei confronti di chi si avvicina a loro promettendo amore e attenzioni. Spesso il genitore non si accorge che i figli soffrono di depressione, si isolano da tutti considerando, invece, quel loro modo di fare come una forma di reticenza e di rifiuto per la nuova situazione o i nuovi compagni. Non è semplice in effetti nemmeno per i genitori, ma la situazione è difficile anche e soprattutto per i figli, di qualsiasi età siano.

La separazione vissuta dai genitori e dai nuovi compagni
La situazione non è facile nemmeno per i nuovi compagni del genitore, spesso infatti si aspetta prima di far conoscere una eventuale altra persona, perchè deve essere chiaro ai bambini che la nuova persona non avrà la pretesa di sostituire il genitore di cui ha preso il posto, ma il suo sarà un ruolo diverso, importante, ma diverso. Conquistare la fiducia di bambini e adolescenti in un nuovo contesto familiare, infatti richiede energia e pazienza.
I pro della famiglia allargata
Può capitare che da una situazione apparentemente difficoltosa possa sorgere al contrario un contesto sereno ed equilibrato fatto di scambi affettivi e di rispetto. Ciò che prima il bambino viveva male, magari in un contesto familiare conflittuale, può trasformarsi in un’esperienza positiva perché si rivaluta il vissuto emotivo di un legame affettivo problematico comprendendo pienamente che la separazione era necessaria. La famiglia ricostituita può avere appunto anche i suoi pro, il nuovo ambiente può sicuramente favorire una maggiore apertura emotiva dei ragazzi in crescita, i quali possono essere stimolati al confronto imparando ad essere obiettivi osservando le cose da due prospettive differenti. Inoltre, specialmente per i figli unici, l’acquisizione di nuovi fratelli anche se non biologici, potrebbe significare di avere dei nuovi compagni di giochi, di relazioni, di scambi confidenze. Vivere in due ambienti differenti tra loro, anche in maniera alternata, oltre a favorire il senso di adattamento può anche essere uno stimolo per i bambini e agevolarli a muoversi con più disinvoltura nei vari contesti della vita.

Le difficoltà della famiglia allargata
Le difficoltà, definite soprattutto dalla gelosia rispetto alla presenza o meno di figli, possono inficiare i rapporti tra fratelli. Di fronte a queste situazioni, se già i rapporti risultano contrastanti, si potranno verificare episodi di gelosia ovvero di un sentimento di privazione che riguarda in primis se stessi, pensare che “l’altro ha qualcosa che io non ho” e nello stesso momento soffrire nell’osservare che per questo riceve anche maggiori attenzioni. Spesso il figlio della coppia separata inizia una convivenza con il genitore che vive con un altro partner. Se ci sono altri figli, possono appunto esserci gelosie reciproche. Da parte del figlio che si inserisce nel nuovo nucleo perchè si trova a vivere con un altro figlio che si trova da sempre “a casa sua” e quindi prevale la sensazione del sentirsi ospite in una casa non propria. E possono esserci anche gelosie da parte del figlio che accoglie un altro “fratello”, poichè si trova a dover condividere le sue cose con un bambino che finora era un estraneo. Possono esserci difficoltà anche nelle famiglie ricostituite nelle quali uno dei due partner può non avere figli e questo potrebbe portare il nuovo compagno o la nuova compagna a sentirsi messo da parte rispetto ai figli della precedente relazione.

Come comportarsi
La comunicazione è importante come lo è l’elaborazione sia cognitiva e sia emotiva della storia della coppia e di ciò che ha condotto a questa decisione ed è opportuno condividere con i propri figli quel momento, quella motivazioni,  senza coinvolgere gli altri o delegare qualcuno a farlo. È giusto che il bambino abbia il suo spazio e il suo tempo da dedicare alla sua elaborazione, e che abbia tutta la disponibilità del genitore nel momento in cui sente di voler parlare o fare domande. Serve inoltre che ci sia un ascolto e un sostegno reciproco per affrontare le nuove situazioni e per integrare due differenti realtà tra loro sia in riferimento ai due genitori separati che ai nuovi nuclei.
Quindi è importante rendere chiare sin da subito le problematiche e le difficoltà, perchè si possono superare soltanto parlandone, senza nascondere niente nè pensare che i bambini non si rendano conto delle differenze. E nell’educazione dei figli, che dovrà essere fatta da entrambi i partner, ci dovrà essere continuità e condivisione, perchè i figli possano percepire la stabilità non solo nello stile educativo ma anche in quello emotivo.

martedì 26 febbraio 2019

Vivere con una persona con una dipendenza



Quante volte sentiamo parlare della difficoltà delle persone che hanno una dipendenza, dipendenza da sostanze, dipendenza da alcol, da fumo, da gioco d’azzardo…
La fatica per trovare la motivazione per interrompere la dipendenza, la fatica per iniziare un percorso, la fatica per mantenerlo, rendono il momento della disintossicazione molto difficile ed è importante che ci sia alla base un sostegno che supporti e accompagni in questo percorso.
E sono proprio le persone che stanno accanto uno dei principali supporti di guarigione, per cui è importante che da parte loro ci sia la forza, la tenacia, la volontà e la pazienza per affrontare insieme alla persona con dipendenza tutto il percorso, motivando, rinforzando, e, se ci saranno, supportando nelle ricadute.
Spesso non viene data abbastanza importanza a queste persone, si parla giustamente del “paziente”, ma a volte si sottovaluta la rete all’interno della quale è inserito, la famiglia, il coniuge, il genitore, il figlio, o l’amico. Il percorso di uscita dalle dipendenze dovrebbe al contrario tener conto proprio della rete che supporta la persona perchè cambia molto se vicino si hanno persone disponibili e disposte ad accompagnare la persona in questo percorso oppure no.
Ma quanto è dura per le persone che stanno vicino, fornire questo supporto, stare accanto, vivere nella stessa famiglia? Molto, senz’altro. E non se ne parla abbastanza, forse non si fornisce nemmeno il supporto necessario alle persone che vivono insieme questa situazione. E invece i familiari sono fondamentali a tutti i livelli e in tutti gli step: spesso infatti sono i primi ad accorgersi del problema del familiare, e sono loro spesso che, con grande fatica, convincono la persona a scegliere di interrompere il loro comportamento e di affidarsi a un sostegno esterno per uscire. Sono loro inoltre che supportano la persona in tutto il percorso di uscita, che la affiancano rinforzandone i successi e la supportano nei fallimenti e nelle ricadute, gioendone per primi nel momento del successo finale e dell’uscita dalla dipendenza.
Però non è sempre facile, sia perchè il percorso spesso è un percorso lungo non privo di difficoltà e di ricadute, sia perchè spesso la persona è nervosa, insofferente e possono esserci momenti in cui le dinamiche relazionali non sono facili. Spesso mi vengono raccontati di momenti di crisi in cui la persona si rivolge male ai familiari e mette alla prova il loro spirito di collaborazione e sopportazione, oppure la persona viene scoperta dai familiari in una ricaduta. Spesso ci sono menzogne, e questo non è sempre semplice da affrontare. Questo è il motivo per cui nel momento del percorso di uscita della dipendenza è importante seguire a livello psicologico sia il paziente, sia la famiglia dando un supporto per i momenti  che necessariamente ci saranno. Fondamentale appunto è inoltre preparare dall’inizio i familiari, spiegandone la difficoltà e preparando alla varie fasi che affronteranno. Perchè è un percorso difficile per il paziente ma lo è anche per i familiari.


Gli attacchi di panico



Gli attacchi di panico
Sempre più spesso nel mio studio arrivano persone spaventate da episodi acuti, insorti all’improvviso, spesso senza ragioni apparenti, che hanno provocato disagi e malesseri: tachicardia, senso di pesantezza allo stomaco, vampate di calore, sudorazione fredda...questi sono solo alcuni dei sintomi dell’attacco di panico, che spesso viene scambiato per altre patologie fisiche più gravi.

Diffusione
Mai come ora gli attacchi di panico sono così comuni. Nelle ultime generazioni la quotidianità delle persone è molto cambiata. Fino a poche decine di anni fa non esistevano i telefoni cellulari, la linea Internet, le email, le chat, le videochiamate e gli altri dispositivi elettronici e tecnologici. Qualcuno forse si ricorda gli anni in cui i cellulari si sono diffusi, quando si è diffusa la connessione Internet, che prima funzionava con il modem che faceva la chiamata per collegarsi alla rete e rendeva la linea occupata e poi si è trasformata in linea ADSL. In pochi anni la maggior parte delle persone si è dotata di un cellulare (alcuni anche due!), della rete Internet, dei pc sempre più veloci. Il cartaceo è quasi completamente sparito, sono sparite le cartoline, quasi del tutto le lettere..i passi avanti nella tecnologia sono stati molti e molto utili, basti pensare a come è stato reso più veloce il lavoro con gli scambi immediati di materiali tramite email, a quanto si sono accorciate le distanze con le videochiamate, a quanto le persone sono divenute più rintracciabili (forse anche troppo!) con i cellulari. Questo ha portato a una maggiore produttività, a una maggiore velocità nel lavoro e nell’organizzazione giornaliera delle persone, ma come per tutti i progressi della società, accanto ai pro ci sono anche i contro. Le persone sono state esposte a maggiori pressioni, al dover essere sempre rintracciabili, e sicuramente questo in termini di ansia non ha aiutato ma anzi ha esposto le persone a maggiori richieste. Certo, non si può dire che sia la tecnologia e l’avvento dei nuovi dispositivi a provocare gli attacchi di ansia, questa sarebbe una spiegazione troppo semplicistica e denigratoria nei confronti di una tecnologia che ci ha fatto fare dei passi da gigante in termini di avanzamento, di lavoro e di semplificazione. Ma che questi grandi progressi hanno portato in brevissimo tempo a un cambiamento molto forte alla vita delle persone e possono avere influito e accentuato in certi casi le richieste, le pressioni e quindi l’ansia in alcune persone.

Di cosa si tratta
Gli attacchi di panico sono una manifestazione di ansia. L’ansia si può manifestare in moltissimi modi, con la paura degli spazi aperti, con la paura di parlare in pubblico, con la paura dei piccoli spazi al chiuso, con pensieri o comportamenti ripetitivi, e una delle tante manifestazioni è proprio l’attacco di panico, una forma improvvisa, spesso inaspettata di malessere che spaventa chi li ha manifestati, e che può tendere a ripresentarsi. Spesso non si hanno ragioni apparenti e non si capisce il motivo scatenante e questo è quello che spaventa di più: se non ci sa cosa li ha scatenati, è anche complicato cercare di evitare le situazioni. Quello che si deve cercare di non fare è pensare alla situazione e cercare motivi specifici, poichè sono sintomi di un malessere più generale che va affrontato a livelli diversi e non limitandosi a rimuginare sulla particolare situazione nella quale si è palesato. Gli attacchi di panico rientrano nei disturbi d’ansia, e come tale va conosciuta e trattata per superarla e evitare il loro ripresentarsi.
Ci sono anche livelli diversi di panico: c’è l’attacco, ma ci sono poi anche forme più leggere, più lievi, definite dai pazienti come “un magone allo stomaco”, “una uggia” che dura anche diverse ore e che può risolversi oppure sfociare nell’attacco.

Come risolverli
Come tutti i disturbi d’ansia, è necessario capire da cosa, da quando e come è originata, quali sono le condizioni che la mantengono attiva, quali sono le dinamiche relazionali che la sostengono o che potrebbero contribuire alla sua diminuzione, e la caratteristiche della persona che li ha. Questo si può fare con un percorso terapeutico durante il quale vengono affrontate queste tematiche e durante il quale vengono insegnate anche alcune tecniche di respirazione per aiutare la persona a fronteggiare meglio le situazioni che la rendono agitata sin dalle prime fasi del malessere